Badaloni ha risposto agli attacchi rispetto ai presunti ritardi nel fermare gli abusi edilizi dell’associazione Madonna di Trevignano.
Attraverso Fanpage.it, il direttore del Parco di Bracciano e Martignano, Daniele Badaloni, ha risposto agli attacchi ricevuti da parte del Comitato della Legalità, del quale fa parte anche Elena Polidori. Il Comune ed Ente Parco è stato accusato di non aver agito subito sul fenomeno della Madonna di Trevignano, come se ne traesse qualche beneficio dai raduni di ogni 3 del mese.
La risposta di Badaloni agli attacchi
Se avesse agito subito, i presunti abusi nel terreno di via Campo delle Rose sarebbero già stati rimossi. Ma è davvero così? Durante un’intervista a Fanpage.it, Daneiele Baldaloni spiega che la veggente Gisella Cardia ha iniziato a organizzare i suoi raduni con i fedeli già nel 2016, ma ciò non arrecava nessun danno all’Ente Parco in quanto avveniva all’interno della sua abitazione o, talvolta, in chiesa.
Nel 2019 poi, dopo la prima “lacrimazione” della statua di Medjugorje, Gisella insieme a suo marito Gianni ha acquistato il terreno di via Campo delle Rose da un ristoratore del posto, campo ad esclusivo uso agricolo, che ricade all’interno del Parco di Bracciano e Martignano.
La segnalazione dell’Ente Parco
A fine anno poi, l’associazione Madonna di Trevignano ha chiesto all’Ente Parco di fare una recizione e mettere degli alberi. “Abbiamo rilasciato l’autorizzazione con nulla osta per la recinzione e la messa a dimora degli alberi, perché essendo un terreno ad esclusivo uso agricolo ciò si poteva fare”, ha dichiarato il direttore.
I lavori sono iniziati però dopo la seconda metà del 2020, ma Gisella Cardia non si è limitata agli accordi presi con l’Ente, bensì ha iniziato ad aggiungere manufatti abusivi. “A quel punto siamo subito intervenuti e nei primi mesi del 2021 abbiamo constatato gli abusi, segnalato all’Autorità Giudiziaria, che ci ha confermato l’irregolarità e autorizzato il sequestro dei manufatti abusivi”, dichiara Badaloni.
A marzo 2021 è stata fatta l’ordinanza di ripristino, inviata poi alla Procura e al Comune per gli adempimenti consequenziali e ai controinteressati, “che avrebbero dovuto smantellare entro 90 giorni”. Gianni e Gisella tramite i loro legali hanno impugnato l’ordinanza e hanno ricorso in tutte le sedi, a settembre 2021 è arrivata la sentenza di smantellamento, che prevede del tempo per l’attuazione.